IDRA
Mimmo Locasciulli
di Luca Barachetti
In clamoroso ritardo e facendone pubblica ammenda recuperiamo questo lavoro
di Mimmo Locasciulli, il diciassettesimo di una carriera a latere rispetto
ad altri della sua generazione ma non priva di passaggi essenziali. E il motivo
di tale recupero è che uno di questi passaggi essenziali è proprio
Idra, disco in cui il songwriter abruzzese se ne va a New York in compagnia
del fido Greg Cohen ad incontrare tipi del tutto raccomandabili come Marc
Ribot e Joey Baron, insomma quanta grazia. Locasciulli di suo tira fuori qui
almeno nove canzoni (su dieci della tracklist) di pari bellezza e intensità,
i raccomandabili (e con loro un Gabriele Mirabassi e uno Stefano Di Battista
a tenere egregiamente testa) infarciscono il tutto di spremiture blues-jazz
che instillano rumorismi trattenuti ma efficaci o squarci evocativi che hai
voglia ad avercene. E allora viste le premesse non rimangono che da elencare
i risultati, tutti molto tradizionali, ovvio, ma anche tutti pieni di idee,
vibrazioni.Il blues lineare e metronomico di Scuro, organo a tirare le fila,
sax inquieto, Ribot che fa Ribot (soprattutto nella versione Marc 'n' Roll
in chiusura); la title-track malinconica e aurorale, ovvero come parlare di
immigrazione lievemente e senza sociologie d'accatto. La svisata Ardecore
del ritornello popolaresco di Senza un addio, e poi ancora una trafila di
ballad classiche ma sostanziose e vive - come raramente ormai ne arrivano
da penne italiane nate dal sessanta indietro (vero Fossati, Guccini, De Gregori?)
- dove a variare è alla fine solo la direzione musicale intrapresa:
latineggiante e smaltata dai piatti di un Baron totalizzante in Passato presente,
vestita ad occasione da archi cinematici in Benvenuta, crepuscolare con gocce
di glockenspiel e sax ad attraversare il cielo come un fascio di luce in L'attesa,
palpitante di mandolini in Lucy, infine nuda nel pianovoce da brividi de Il
bambino e il destino.?Che altro dire? Niente, se non che di Locasciulli così
in lucore ce ne vorrebbero di più, visto che qualche verso di questi
brani potreste portarvelo dietro, proprio per la vita ("Tutti aspettano
di salvarsi / come si aspetta in una stazione / come si tratta dentro a un
mercato / dove il prezzo è già scontato"), e che canzoni
così preziose e del tutto meditate, anche da chi le ha suonate, giustificano
anche un recupero ad anno concluso, che tanto quello appena iniziato non ce
le farà certamente dimenticare.
Sentire
ascoltare- 10 gennaio 2010
MIMMO
LOCASCIULLI
IDRA
di Antonio Ranalli
Mimmo Locasciulli
si concede il suo disco newyorchese. Il cantautore abruzzese ha scelto la
Grande Mela per registrare il suo 17° album.
"Idra" è un album decisamente raffinato che si muove con
eleganza tra la canzone d'autore internazionale ed il jazz. Una scelta stilistica
che si evince anche dalle peculiarità dei musicisti che hanno partecipato
alle session: a partire da due figure cardine della discografia di Tom Waits,
quali Greg Cohen (basso) e Marc Ribot (chitarra), cui si aggiunge il batterista
Joey Baron.
Locasciulli riesce a far intravedere rasoterra il suo cuore, quello che è
il suo animo tormentato sotto l'apparente serenità emotiva del blues,
sotto le atmosfere cupe di "Scuro", nel ricordo di "Idra"
e "Senza un addio". Semplicemente impossibile non strappare una
piccola lacrima ascoltando la sua voce, mentre canta "La disciplina dell'amore".
Si aggiungono, nelle varie tracce, due grandi musicisti del panorama jazz
italiano come Gabriele Mirabassi al clarinetto e Stefano Di Battista al sax
soprano. Arriva poi il momento di "Benvenuta", "L'attesa"
e "Lucy": si sale e si scende per cuniculi suburbani in un marasma
di sensazioni, di sotto e sopra, urbano e selvatico, disperato e metropolitano.
Locasciulli pare l'unico a saper inventare un universo musicale di rumori
paralleli, colto, onirico eppure realistico, gretto, intimamente legato alle
realtà più tumide della vita. L'unico a mischiare sentimenti
e compassioni, armonie e rumore, rischio e poesia, aspetto non banale quest'ultimo,
l'unico a tentare qualcosa di realmente diverso e sinceramente disinteressato.
Italia oggi
Sette - 15 giugno 2009
Mimmo Locasciulli
Idra
di Guido
Giazzi
Mimmo Locasciulli,
artista di lungo corso, arriva con il nuovo Idra
al diciasettesimo album della sua lunga e onorata
carriera.
Personaggio atipico del mondo
musicale italiano – ad una carriera artistica a tutto tondo ha
preferito continuare la sua esperienza lavorativa di medico ospedaliero alternandola
a dischi e tournee, sempre con un occhio critico verso il rutilante mondo
della canzone – ha percorso un tragitto musicale sempre molto coerente
e innovativo.
Questo album per esempio comprende
ben nove nuove canzoni tutte composte dal musicista pescarese, tranne in un caso in cui lascia al figlio Matteo l’onere della
partitura.
Pur rimanendo ai margini del
mondo musicale i suoi album denotano sempre una grande onestà
di scrittura ed una sempre più attenta ricerca sonora: in questo album , per
esempio, la componente jazzistica si fa vieppiù importante, colorando suoni
e brani con particolare efficacia.
La produzione dell’album oltre
che a Mimmo e Matteo , vede in sala di regia anche
la presenza di Greg Cohen, che molti ricorderanno alla corte di Tom Waits,
uno degli artisti più amati da Locasciulli.
L’esperienza artistica tra Mimmo
e Greg continua da anni ed è da questa loro amicizia e complicità che nascono quei piccoli capolavori sonori presenti anche in questa
nuova raccolta di canzoni.
Oltre a Greg sono presenti nell’album
in qualità di componenti di questo supergruppo anche
Marc Ribot, chitarrista che in Italia ha trovato
molti estimatori (Capossela fra gli altri) , il batterista Joy Barone e Stefano
Di Battista al sax.
Molte le composizioni interessanti,
tra queste meritano particolare attenzione l’introduttiva
Scuro (di cui trovate al termine della raccolta una versione particolare
denominata Scuro Marc’n’roll
con una eccellente performance di Ribot), la bellissima Lucy
e la conturbante Passato Presente
con un sax che colpisce al cuore.
Molto ispirate le liriche ma
quello che balza evidente in questa raccolta musicale è la componente
sonora perchè oltre a musicisti di gran levatura , i Locasciulli’s
inseriscono anche un quartetto d’archi rumeno in L’Attesa ed un ensemble di plettri in in Lucy. Insomma un album pensato, ponderato
e prodotto con passione e amore.
Un
ultima nota la merita il titolo: Idra oltre ad essere il mostro sconfitto da Ercole in una delle sue
numerevoli fatiche è anche un isola in cui vissero
felici e ispirati, lo scrittore Henry Miller e il poeta Leonard Cohen, un altro degli artisti amati da Mimmo.
In breve un ottimo album di musica
italiana e merita un particolare encomio l’artista Locasciulli,
serio e determinato, che non perdendo tempo in inutile promozioni
o scadenti performance televisive,
è in grado con scadenze regolari, di
produrre ottimi album. Applausi.
Buscadero- Giugno 2009
IDRA Hobo/Parco della Musica Records (2009)
Antonella Sciocchetti
Musica d'autore pregiata ed importanti musicisti italiani ed internazionali, nel nuovo album del cantautore abruzzese Mimmo Locasciulli (Penne 7 luglio 1949). Ispirato ad una poesia di Leonard Cohen, l'album IDRA, come accadde negli anni sessanta per l'omonima isola greca, meta di molti artisti e scrittori, si offre come un'isola musicale nella quale trovare rifugio e ripensare il nostro tempo e la nostra storia recente con un senso critico che Locasciulli affronta anche in maniera impietosa, ma con la lucidità e la consapevolezza che solo nel valore dell'amore è insita la salvezza dell'uomo. E di amore Locasciulli ne impiega e sparge tantissimo in questo album dalle atmosfere classiche, tipiche delle sua storiche ballate, che aprono il loro cuore al jazz lasciandosi contaminare con eleganza, con sobrietà, al fine di evocare significati più profondi e più completi, di più ampio respiro. In totale IDRA propone dieci tracce, più una sorprendente bonus track che rivisita l'apertura dell'album. Vi si alternan star internazionali Greg Cohen (contrabasso) Marc Ribot (chitarre) Joy Baron (batteria) e due grandi talenti italiani Gabriele Mirabassi (clarinetto) e Stefano Di Battista (sax soprano). Completano il cast Matteo Locasciulli (chitarra e piano in Il bambino e il destino), Giovanni Imparato (percussioni) e Francesco Bigoni (sax). Due sezioni cameristiche impreziosiscono il lavoro: il quartetto d'archi della Sinfonica di Brasciov (Romania) e l'originale quintetto di plettri Ensemble Mereuer (noto per le interessanti trascrizioni da Debussy, Piazzolla, Morricone). Punto centrale di IDRA è indubbiamente il brano L'attesa (track 8) dove "tutto passa in fretta, ma scorre lentamente". E' un Locasciulli ancora più riflessivo: ripercorre le strade della sua vita, trova il "filo logico", la ragione della sua esistenza e aspetta che si faccia giorno soffiando note nell'armonica e "lasciando porta e casa aperte al suo ritorno". ?Quella di Locasciulli è una attesa aperta al passato e al futuro, in una dimensione di "Scuro" che si fa luce solo quando è disciplinata dall'amore. Le trame musicali di IDRA aderiscono perfettamente alla maturità anagrafica ed artistica di Mimmo Locasciulli. IDRA è un'isola dove perdersi a riflettere sulla nostra esistenza, ma anche un sentiero da percorrere inseguendo i nostri sogni, perché (ed è questo il suo più delicato invito) "dietro la curva dei sogni c'è la faccia di Dio".
Rai International/Notturno dall'Italia- 18 Giugno 2009
MIMMO LOCASCIULLI
Idra: disco della maturità e pieno d’umanità.
di Fabio Antonelli
Parte decisamente alla grande
questo nuovo lavoro di Mimmo Locasciulli con uno
stupendo brano molto funky e deciso, che affascina ed intriga dal primo ascolto,
in “Scuro”, questo è il titolo del pezzo scelto per aprire il nuovo
disco, tutto è al suo posto, ogni parte assegnata ad ognuno dei grandi musicisti
che vi partecipano è sfruttata al meglio: dalla grandiosa ed immaginifica
chitarra elettrica di Marc Ribot, alla precisione
fatta persona di Greg Cohen al contrabbasso, una ritmica sostenuta con fermezza
da Joey Baron alla batteria,
ma non sono certamente da meno i ricami a tratti strozzati ed urlati fatti
da Francesco Bigoni al sax tenore e lo stesso Mimmo
Locasciulli all’organo, anziché all’abituale pianoforte,
nell’impresa di tenere ben uniti e saldi tanti cavalli di razza. L’impresa
riesce in pieno e ne nasce un grande pezzo, tra l’altro
ripreso come bonus-track a fine disco nella versione non tagliata e sfumata,
frutto di una registrazione in studio con Marc Ribot che si abbandona in un assolo al fulmicotone. In definitiva
un grande pezzo sorretto da un ottimo testo che offre
una riflessione sull’esistenza, in cui tutto non è poi così chiaro ed intelleggibile
“Quando è scuro è tutto chiaro / E quando è chiaro è tutto vero / Non c’è
bianco senza nero / E non c’è niente dietro a un mistero”.
E’ quindi un Locasciulli
maturo quello che ci si presenta in questo nuovo lavoro, un Locasciulli
che non ha certezze e verità nelle tasche da distribuire con generosità a
chi lo ascolta, ma è semmai un uomo ancora in cerca di risposte, magari felice
e disteso come appare nella bella foto di Ignazio
Romano in copertina, ma senza certezze sul futuro.
Ed è un Locasciulli che
ripete l’esperienza di affidarsi ad artisti-amici del calibro di Greg Cohen
che tra l’altro ne è il co-produttore e che è ormai
più che una certezza (riascoltate se già non l’avete fatto il nuovo disco
di Luca Ghielmetti) e Marc Ribot che sappiamo
quanto vale per il suo contributo essenziale ad artisti come Tom Waits o Vinicio
Capossela, le idee musicali di Locasciulli sono
ottime, ma diventano addirittura eccellenti in più di un caso affidate con
fiducia nelle loro mani.
Finisse qui il disco sarebbe già un singolo fantastico,
ma invece Mimmo è riuscito a sfornare un lavoro più
complesso che vede altre preziose frecce scoccate dalla sua faretra, a partire
dalla title-track “Idra” che riprende il
titolo di una lirica di Leonard Cohen, da sempre una delle sue fonti ispiratrici,
ma che si rifà anche al mostro a sette teste appartenente alla mitologia greca.
Il pezzo si apre in maniera sognante quasi sospeso tra i flutti di un immaginifico
mare, bello il pianoforte suonato dallo stesso Mimmo,
la delicatezza dei piatti di Baron, nonché l’evanescente
presenza del clarinetto di Mirabassi, come contenuti
siamo ancora a ragionare sulla fine ultima dell’uomo “Dietro la curva dei
sogni / C’è la faccia di Dio / E dopo Dio c’è l’occidente / E ancora dopo
più niente”.
Infinitamente dolce, è invece “Senza un addio”
che è colorata dalla presenza del clarinetto di Mirabassi,
pronto a dialogare sapientemente con le chitarre di Ribot,
c’è poi tanta nostalgia di una fanciullezza che non potrà più tornare “Domani
la luce qui intorno / Non sarà più così / L’acqua che passa non torna” e di
una purezza d’animo che orami non c’è più “Faremo in tempo a calpestare /
Le aiuole del giardino / Senza una colpa da scontare / con l’incoscienza di
un bambino”.
E’ il sax tenore di Bigoni
ad aprire e a condurci per mano in “La disciplina dell’amore” delicato
brano d’amore, piuttosto classico come sonorità per chi conosce Locasciulli, che tratta comunque
con originalità e sensibilità le sorti di un amore sbagliato, fondato sugli
equivoci “Io ti ho amata per quello che non sei / E tu mi hai dato le cose
che non hai / E non ci sono più parole / Per descrivere che cosa sia un dolore”.
E’ ancora un sax, però quello soprano di Stefano Di
Battista, avvolto dalle percussioni di Imparato,
ad introdurci con grande fascino ed estrema raffinatezza ad un brano “Passato
presente” molto latineggiante, denso di echi sudamericani, che fa venir
voglia di ballare e di stringersi forte, è una vera delizia ascoltare le magie
di Ribot che con la chitarra elettrica giostra con
le fantasie mirabolanti del sax soprano di Di Battista.
Sicuramente uno dei pezzi più belli del disco, grazie anche ad ottime liriche
“E’ il passaggio del giorno che fa posto alla
sera / Un banbino che invecchia con la sua primavera / Una gabbia che
s’apre un uccello che vola / Un gioco che dimenticherai”.
Caratteristica di questo disco è poi l’equilibrio
d’insieme, nulla eccede o manca nell’incedere della scaletta dei brani, così
dopo un pezzo sfrenato e ballabile, capita “Benvenuta”, brano lento,
maestoso, introdotto con un inciso tragico e disperato, dal quartetto d’archi
dell’Orchestra Sinfonica di Brasciov, poi entra
in scena Locasciulli al piano, resta comunque
un brano giocato sulle tinte fredde e che immerge l’ascoltatore in un lago
di immensa tristezza “Benvenuta nel tempo sporcato dal dolore / che non
si può più lavare / Che non si può più asciugare / Benvenuta nel buco di queste
verità negate / Degli spiragli chiusi e delle finestre serrate / Benvenuta
nel regno dei re senza corona / Benvenuta per me”. Canzone intensa e splendida.
Dopo tanto soffrire eccoci tornare a sonorità latineggianti,
per un brano soft “Giorno di noia”, decisamente
minore se ascoltato dopo un brano come il precedente, ma comunque valido che
ci descrive uno dei tanti giorni di noia che caratterizzano la vita di ognuno,
uno di quei giorni in cui “E’ un giorno di noia e di pioggia / Che ti vorrei
qui vicino / Nel letto a trafficare”, direi un desiderio condivisibile
o no?
“L’attesa” non smentisce il titolo, è una canzone
lenta e musicalmente quasi sospesa, come appunto nella attesa
di un qualcosa che deve accadere, troviamo ancora all’opera il quartetto d’archi
e significativi interventi di Greg Cohen al glockenspiel, ci sono inoltre intuizioni poetiche interessanti
come questa “Tutto passa in fretta ma scorre lentamente / E dura solo un
attimo ma poi rimane qui per sempre”.
I plettri dell’Ensemble Mereuer
aprono invece con tatto ed estrema delicatezza “Lucy”, brano di grande dolcezza e sconforto, che ci parla di un amore per una
donna di nome Lucy ormai lontana, si intuisce, dopo una tormentata storia
di amore e sofferenze “Prega di giorno prega di notte / Prega che il suo cuore
non pianga mai le botte / Botte che arrivano come le caramelle / Che i bambini
si sognano a Natale”.
Chiude il disco “Il bambino e il destino” un
brano molto intimistico e mistico che vede all’opera solo Mimmo Locasciulli ed il figlio Matteo al piano, è decisamente un pezzo intenso e toccante, anche un poco inquietante
per certi aspetti, di cui voglio riportare per intero il testo perché molto
bello e allo stesso tempo conciso “In fondo vedi una porta dove ti trovi
a passare / Ti viene la voglia di entrare forse solo per guardare / E chiusa
la porta alle spalle, piano piano una luce / Ti
colora di pace e ti senti felice / Lì non c’è gioia non c’è ricchezza o miseria
/ C’è solo uno specchio e un signore / Che col dito ti invita a guardare /
E quando sei dentro ai tuoi occhi vedi solo un bambino / Che guarda i tuoi
occhi mentre fabbrica / Il suo destino”.
Davvero un grande disco,
con un Locasciulli maturo, riflessivo e pieno d’umanità.
Cosa si può pretendere di più?
estatica.it - Giugno
2009
IDRA
Mimmo Locasciulli
Godimento assoluto. È quello che si prova dopo aver ascoltato – e inevitabilmente
riascoltato, per via della magnifica prova cantautorale
che porta in grembo – questo Idra, ennesimo
capitolo della storia musicale di Mimmo Locasciulli.
Disco che prende il nome dall’omonima poesia di Leonard
Cohen, ma che è anche l’isola greca dove, negli anni sessanta, gli artisti
cercavano un rifugio spirituale, oppure il mostro a nove teste sconfitto da
Ercole. Insomma una multi-ispirazione
che si riverbera anche negli undici brani che compongono un’ora di musica
superlativa, per classe e sostanza, per intuito e compostezza, per irruenza
e riflessione. Non tragga d’inganno l’iniziale Scuro, con le sue movenze
funk decise e trascinanti, perché in seguito s’incontrano canzoni femminili
e preziose come la title-track, piene di echi latin che scaldano il cuore (Senza un addio
e Passato presente), oppure ammalianti e cariche del loro classicismo
struggente come Benvenuta.
Il sipario si alza e si abbassa
in scioltezza per dar luce a scenari sempre interessanti e profondi. Questo
grazie alla superba formazione di musicisti che Locasciulli,
come di consueto, mette in campo: fuoriclasse che
rispondono al nome di Marc Ribot, straordinario
come non mai, capace all’occorrenza di accarezzare o di fare a fette un brano
(si veda in tal senso la reprise conclusiva di Scuro);
Greg Cohen, più che una sicurezza; Joey
Baron, drummer dal
tocco sapiente. Come se non bastasse, vanno messi in risalto anche gli interventi
degli ospiti chiamati in causa, tra gli altri, il sempre elegante Stefano
Di Battista al tenore e un gigantesco Gabriele Mirabassi
al clarino.
“Idra” è un disco appagante, che merita un
posto d’onore nella carriera di Locasciulli, e per
chi lo ascolta è un’occasione da non perdere per
comprendere come la musica d’autore sia ancora in grado di emanare sensazioni
forti e autentiche.
L’isola che
non c’era - Giugno
2009
Mimmo Locasciulli: "Idra"
In viaggio sul crinale della notte
Torna Mimmo Locasciulli, sempre in compagnia del
fido Greg Cohen e delle chitarre di Marc Ribot.
E torna con un lavoro all'altezza delle sue migliori opere. Era almeno dai
tempi di "Piano piano", ma forse occorrerebbe
andare indietro ancora, che non si sentiva un album convincente fino in fondo
come l'attuale. Dovremmo forse tornare a "Uomini" del 1995. Fatto
sta che "Idra", dopo Leonard Cohen, ha ispirato particolarmente
Mimmo. Cohen ha vissuto sette anni nell'isola greca, prima di scrivere i suoi
libri più importanti e prima di iniziare a cantare. Per Mimmo lo spunto è
stato invece una poesia di Cohen dedicata all'isola: "Il sentiero di
sassi faceva come un anello e mi si avvolse intorno legandomi alla
notte..." Così comincia "Idra" - spiega Locasciulli
- una bella poesia di Leonard Cohen che mi è capitato
di rileggere e tradurre circa un anno fa".
Il nome di questa isola ha un suono semplice ma evocativo di significati
davvero complessi. Idra è il nome del mostro con nove teste che nella mitologia
greca fu sconfitto ed ucciso da Ercole. Nella
interpretazione esoterica, poi, le nove teste rappresentano la lussuria,
l'opulenza, il denaro, la paura, l'odio, il potere, l'orgoglio, la discriminazione
e la crudeltà. In questa lettura Ercole è l'amore, cioè
il valore che conduce l'uomo alla sua affermazione ed al suo riscatto. Idra,
infine, è l'immenso mare che separa i migranti disperati da una qualunque
forma di sbarco nei continenti della speranza.
"E' stupefacente
come delle piccole coincidenze - scrive ancora Locasciulli
sul suo sito - possano a volte concatenarsi fino a determinare un evento.
Ma, forse, la casualità è sempre all'origine di qualunque genere di
opera. Queste immagini, così insolite nei miei pensieri, hanno acceso
il motore della mia curiosità. Ho cominciato a mettere una nota dietro l'altra
come spinto dalla necessità di raggiungere una qualche verità attraverso la
fantasia o attraverso la cronaca impietosa di questo tempo, attraverso il
suono di un nome o attraverso un qualunque piccolo indizio, o anche attraverso
altre occasionali complicità creative".
Così Mimmo ha iniziato
a mettere insieme dieci piccoli prodigi di canzoni (più una
bonus track) per un disco che non sarà concettualmente un'opera sola,
ma lo è come mood, come ambiente umano, come voglia di raccontare delle storie.
Storie che possono anche fare paura, così come può fare paura non
ritrovarsi troppo diversi dal mondo che si vuole fuggire. Dalla paura
nasce l'opera d'arte.
"Talvolta scrivere
è un prodigio di autoanalisi - conclude Mimmo
- talvolta un fiume carsico che sprofonda e riemerge, talvolta soltanto
un innocente viaggio. Avrò tempo per rifletterci. Per ora mi consola l'idea
di avere fatto qualcosa di nuovo in un percorso diverso".
Si
inizia con un bizzarro rock sghembo, che si profila meglio
nella ripresa come bonus track, affidato alla verve chitarrristica
di Marc Ribot: "Scuro". Il testo introduce a un mondo tenebroso e notturno.
L'inizio ideale di un noir letterario o cinematografico.
"Con il filtro della notte / Vedi tutto
più vicino / Come un libro nelle mani / O una lampada sul comodino / Crocifisso sulla
sedia / O sprofondato nel cuscino / E' difficile dormire / Quando invece vuoi
capire". Poi si passa subito a
"Idra" e si
entra nel centro del lavoro. "E gli
uomini partono / E non sanno se arrivano / E chissà chi ci arriva / Poi che
cosa ci trova / Qui ci trova il profumo / Delle arance per strada / E l'odore
del pane / Dentro le trattorie", col clarinetto di Gabriele Mirabissi a seminare incertezze. Grande
brano di suggestione e introspezione.
La successiva, "Senza un addio", è Locasciulli puro, con una spruzzata di GianMaria
Testa: “E quando sul prato ingiallito / Non resterà neanche un fiore /
Faremo presto a dirci addio / / Come un qualunque altro addio
/ E quando il silenzio degli occhi / Cancellerà le parole / Faremo presto
a dirci addio / Senza nemmeno un addio”. Il clima resta invariato nella
bella "La disciplina dell'amore"
che deve una parte della musica al figlio Matteo: "Sono nato da un
profumo / Di collina e di grano / E ti ho messa in un racconto / Che non legge
più nessuno / Dove non c'è disciplina / Niente rimane". Una lenta
e pacata canzone d'amore, retta dal sax di Franco Bigoni, il basso di Greg Cohen e il piano di Mimmo. Più impegnativa "Passato
presente", con un cast musicale di tutte stelle: Stefano Di
Battista al sax soprano, Marc Ribot alla chitarra
elettrica, Joey Baron
alla batteria, Giovanni Imparato alle percussioni, Cohen al basso e Locasciulli all'organo, che chiude con una bella coda strumentale
di un paio di minuti. Piacere per le orecchie!
"Benvenuta" gioca invece la carta
del quartetto d'archi, una bella virata d'atmosfera. Un bel testo al servizio
di un'idea musicale che si sviluppa meno: “Benvenuta nel fuoco / Di questo
camino acceso / Che fa volare le ombre / Come farfalle impazzite / A questi
libri che chiudo / Senza più tanto stupore / Proprio
nell'ora di punta / Dei miei ripensamenti”. Anche "Giorno di noia", dall'aria pacatamente
jazzy, risente degli stessi pregi e difetti, ma
resta una piacevolissima pausa centrale all'interno
di un bel disco. "L'attesa"
è invece un altro colpo d'ala: quartetto d'archi, chitarre, glockenspiel , basso e accordion per una canzone
intrisa di pioggia, di quelle adatte a inumidirti l'anima. Un'umidità che
Locasciulli ha tra le corde. Non si azzarda forse
a dichiararla l'ombelico dell'album: “Guardo l'erba che s'illumina / Con
la luce della notte / E sento in fondo sulla strada / Qualche macchina passare
/ Appoggiato contro un albero / Soffio dentro la mia armonica / Chiudo gli
occhi e qualche lacrima / Nascosta viene giù / / Aspetto che si faccia giorno
/ Per raccogliere i pensieri / Sparpagliati tutt'intorno / Dal principio fino
a ieri / Gli appunti della mia vita / Per ripercorrerne i sentieri
/ Per trovare il filo logico / Che mi lega qui”.
Chiudono "Lucy" e "Il bambino e il destino" (quest'ultima
con musica di Matteo Locasciulli, che la esegue
in solitario al piano). Triste ma intensa la prima: "Lucy se n’è andata
via come un'onda senza riva / Come una farfalla bianca senza un fiore / Prendi
le sue cose comprale delle rose / Mandale un saluto e guardala andar via /
Mandale un saluto per andare via". Leggermente
inquietante, ma ricca di messaggi la seconda: "Vedi
solo un bambino / Che guarda sereno i tuoi occhi / Mentre fabbrica il suo
destino".
Il viaggio tra dentro
e fuori sè stessi finisce
con la ripresa di "Scuro".
E' una notte che è passata, con i suoi sogni? E' la vita che ricomincia? E'
un uomo sul crinale? Di sicuro ci sono più domande che risposte, ma c'è una
sensibilità allertata ed è bello scoprire le consonanze con quello che ti
si smuove dentro. Che sia paura o fantasia. Quattro stelle!
Bielle – Maggio 2009