IDRA
Mimmo Locasciulli

di Luca Barachetti
In clamoroso ritardo e facendone pubblica ammenda recuperiamo questo lavoro di Mimmo Locasciulli, il diciassettesimo di una carriera a latere rispetto ad altri della sua generazione ma non priva di passaggi essenziali. E il motivo di tale recupero è che uno di questi passaggi essenziali è proprio Idra, disco in cui il songwriter abruzzese se ne va a New York in compagnia del fido Greg Cohen ad incontrare tipi del tutto raccomandabili come Marc Ribot e Joey Baron, insomma quanta grazia. Locasciulli di suo tira fuori qui almeno nove canzoni (su dieci della tracklist) di pari bellezza e intensità, i raccomandabili (e con loro un Gabriele Mirabassi e uno Stefano Di Battista a tenere egregiamente testa) infarciscono il tutto di spremiture blues-jazz che instillano rumorismi trattenuti ma efficaci o squarci evocativi che hai voglia ad avercene. E allora viste le premesse non rimangono che da elencare i risultati, tutti molto tradizionali, ovvio, ma anche tutti pieni di idee, vibrazioni.Il blues lineare e metronomico di Scuro, organo a tirare le fila, sax inquieto, Ribot che fa Ribot (soprattutto nella versione Marc 'n' Roll in chiusura); la title-track malinconica e aurorale, ovvero come parlare di immigrazione lievemente e senza sociologie d'accatto. La svisata Ardecore del ritornello popolaresco di Senza un addio, e poi ancora una trafila di ballad classiche ma sostanziose e vive - come raramente ormai ne arrivano da penne italiane nate dal sessanta indietro (vero Fossati, Guccini, De Gregori?) - dove a variare è alla fine solo la direzione musicale intrapresa: latineggiante e smaltata dai piatti di un Baron totalizzante in Passato presente, vestita ad occasione da archi cinematici in Benvenuta, crepuscolare con gocce di glockenspiel e sax ad attraversare il cielo come un fascio di luce in L'attesa, palpitante di mandolini in Lucy, infine nuda nel pianovoce da brividi de Il bambino e il destino.?Che altro dire? Niente, se non che di Locasciulli così in lucore ce ne vorrebbero di più, visto che qualche verso di questi brani potreste portarvelo dietro, proprio per la vita ("Tutti aspettano di salvarsi / come si aspetta in una stazione / come si tratta dentro a un mercato / dove il prezzo è già scontato"), e che canzoni così preziose e del tutto meditate, anche da chi le ha suonate, giustificano anche un recupero ad anno concluso, che tanto quello appena iniziato non ce le farà certamente dimenticare.

Sentire ascoltare- 10 gennaio 2010

     

 

 

 

MIMMO LOCASCIULLI
IDRA

di Antonio Ranalli

Mimmo Locasciulli si concede il suo disco newyorchese. Il cantautore abruzzese ha scelto la Grande Mela per registrare il suo 17° album.
"Idra" è un album decisamente raffinato che si muove con eleganza tra la canzone d'autore internazionale ed il jazz. Una scelta stilistica che si evince anche dalle peculiarità dei musicisti che hanno partecipato alle session: a partire da due figure cardine della discografia di Tom Waits, quali Greg Cohen (basso) e Marc Ribot (chitarra), cui si aggiunge il batterista Joey Baron.
Locasciulli riesce a far intravedere rasoterra il suo cuore, quello che è il suo animo tormentato sotto l'apparente serenità emotiva del blues, sotto le atmosfere cupe di "Scuro", nel ricordo di "Idra" e "Senza un addio". Semplicemente impossibile non strappare una piccola lacrima ascoltando la sua voce, mentre canta "La disciplina dell'amore". Si aggiungono, nelle varie tracce, due grandi musicisti del panorama jazz italiano come Gabriele Mirabassi al clarinetto e Stefano Di Battista al sax soprano. Arriva poi il momento di "Benvenuta", "L'attesa" e "Lucy": si sale e si scende per cuniculi suburbani in un marasma di sensazioni, di sotto e sopra, urbano e selvatico, disperato e metropolitano. Locasciulli pare l'unico a saper inventare un universo musicale di rumori paralleli, colto, onirico eppure realistico, gretto, intimamente legato alle realtà più tumide della vita. L'unico a mischiare sentimenti e compassioni, armonie e rumore, rischio e poesia, aspetto non banale quest'ultimo, l'unico a tentare qualcosa di realmente diverso e sinceramente disinteressato.

Italia oggi Sette - 15 giugno 2009

 

Mimmo Locasciulli

Idra

di Guido Giazzi

 

Mimmo Locasciulli, artista di lungo corso, arriva con il nuovo Idra al diciasettesimo album della sua lunga e onorata carriera.

Personaggio atipico del mondo musicale italiano – ad una carriera artistica a tutto tondo ha preferito continuare la sua esperienza lavorativa di medico ospedaliero alternandola a dischi e tournee, sempre con un occhio critico verso il rutilante mondo della canzone – ha percorso un tragitto musicale sempre molto coerente e innovativo.

Questo album per esempio comprende ben nove nuove canzoni tutte composte dal musicista pescarese, tranne in un caso in cui lascia al figlio Matteo l’onere della partitura.

Pur rimanendo ai margini del mondo musicale i suoi album denotano sempre una grande onestà di scrittura ed una sempre più attenta ricerca sonora: in questo album , per esempio, la componente jazzistica si fa vieppiù importante, colorando suoni e brani con particolare efficacia.

La produzione dell’album oltre che a Mimmo e Matteo , vede in sala di regia anche la presenza di Greg Cohen, che molti ricorderanno alla corte di Tom Waits, uno degli artisti più amati da Locasciulli.

L’esperienza artistica tra Mimmo e Greg continua da anni ed è da questa loro amicizia e complicità che nascono quei piccoli capolavori sonori presenti anche in questa nuova raccolta di canzoni.

Oltre a Greg sono presenti nell’album in qualità di componenti di questo supergruppo anche Marc Ribot, chitarrista che in Italia ha trovato molti estimatori (Capossela fra gli altri) , il batterista Joy Barone e Stefano Di Battista al sax.

Molte le composizioni interessanti, tra queste meritano particolare attenzione l’introduttiva Scuro (di cui trovate al termine della raccolta una versione particolare denominata Scuro Marc’n’roll con una eccellente performance  di Ribot), la bellissima Lucy e la conturbante Passato Presente con un sax che colpisce al cuore.

Molto ispirate le liriche ma quello che balza evidente in questa raccolta musicale è la componente sonora perchè oltre a musicisti di gran levatura , i Locasciulli’s inseriscono anche un quartetto d’archi rumeno in L’Attesa ed un ensemble di plettri in  in Lucy. Insomma un album pensato, ponderato e prodotto con passione e amore.

Un ultima nota la merita il titolo: Idra oltre ad essere il mostro sconfitto da Ercole in una delle sue numerevoli fatiche è anche un isola in cui vissero felici e ispirati, lo scrittore Henry Miller e il poeta Leonard Cohen, un altro degli artisti amati da Mimmo.

In breve un ottimo album di musica italiana e merita un particolare encomio l’artista Locasciulli, serio e determinato, che non perdendo tempo in inutile promozioni o scadenti  performance televisive,  è in grado con scadenze regolari,  di produrre ottimi album. Applausi.

 

Buscadero- Giugno 2009

 

MIMMO LOCASCIULLI
IDRA Hobo/Parco della Musica Records (2009)

Antonella Sciocchetti

Musica d'autore pregiata ed importanti musicisti italiani ed internazionali, nel nuovo album del cantautore abruzzese Mimmo Locasciulli (Penne 7 luglio 1949). Ispirato ad una poesia di Leonard Cohen, l'album IDRA, come accadde negli anni sessanta per l'omonima isola greca, meta di molti artisti e scrittori, si offre come un'isola musicale nella quale trovare rifugio e ripensare il nostro tempo e la nostra storia recente con un senso critico che Locasciulli affronta anche in maniera impietosa, ma con la lucidità e la consapevolezza che solo nel valore dell'amore è insita la salvezza dell'uomo. E di amore Locasciulli ne impiega e sparge tantissimo in questo album dalle atmosfere classiche, tipiche delle sua storiche ballate, che aprono il loro cuore al jazz lasciandosi contaminare con eleganza, con sobrietà, al fine di evocare significati più profondi e più completi, di più ampio respiro. In totale IDRA propone dieci tracce, più una sorprendente bonus track che rivisita l'apertura dell'album. Vi si alternan star internazionali Greg Cohen (contrabasso) Marc Ribot (chitarre) Joy Baron (batteria) e due grandi talenti italiani Gabriele Mirabassi (clarinetto) e Stefano Di Battista (sax soprano). Completano il cast Matteo Locasciulli (chitarra e piano in Il bambino e il destino), Giovanni Imparato (percussioni) e Francesco Bigoni (sax). Due sezioni cameristiche impreziosiscono il lavoro: il quartetto d'archi della Sinfonica di Brasciov (Romania) e l'originale quintetto di plettri Ensemble Mereuer (noto per le interessanti trascrizioni da Debussy, Piazzolla, Morricone). Punto centrale di IDRA è indubbiamente il brano L'attesa (track 8) dove "tutto passa in fretta, ma scorre lentamente". E' un Locasciulli ancora più riflessivo: ripercorre le strade della sua vita, trova il "filo logico", la ragione della sua esistenza e aspetta che si faccia giorno soffiando note nell'armonica e "lasciando porta e casa aperte al suo ritorno". ?Quella di Locasciulli è una attesa aperta al passato e al futuro, in una dimensione di "Scuro" che si fa luce solo quando è disciplinata dall'amore. Le trame musicali di IDRA aderiscono perfettamente alla maturità anagrafica ed artistica di Mimmo Locasciulli. IDRA è un'isola dove perdersi a riflettere sulla nostra esistenza, ma anche un sentiero da percorrere inseguendo i nostri sogni, perché (ed è questo il suo più delicato invito) "dietro la curva dei sogni c'è la faccia di Dio".


Rai International/Notturno dall'Italia- 18 Giugno 2009

 

 

MIMMO LOCASCIULLI

Idra: disco della maturità e pieno d’umanità.

 

di Fabio Antonelli

 

Parte decisamente alla grande questo nuovo lavoro di Mimmo Locasciulli con uno stupendo brano molto funky e deciso, che affascina ed intriga dal primo ascolto, in “Scuro”, questo è il titolo del pezzo scelto per aprire il nuovo disco, tutto è al suo posto, ogni parte assegnata ad ognuno dei grandi musicisti che vi partecipano è sfruttata al meglio: dalla grandiosa ed immaginifica chitarra elettrica di Marc Ribot, alla precisione fatta persona di Greg Cohen al contrabbasso, una ritmica sostenuta con fermezza da Joey Baron alla batteria, ma non sono certamente da meno i ricami a tratti strozzati ed urlati fatti da Francesco Bigoni al sax tenore e lo stesso Mimmo Locasciulli all’organo, anziché all’abituale pianoforte, nell’impresa di tenere ben uniti e saldi tanti cavalli di razza. L’impresa riesce in pieno e ne nasce un grande pezzo, tra l’altro ripreso come bonus-track a fine disco nella versione non tagliata e sfumata, frutto di una registrazione in studio con Marc Ribot che si abbandona in un assolo al fulmicotone. In definitiva un grande pezzo sorretto da un ottimo testo che offre una riflessione sull’esistenza, in cui tutto non è poi così chiaro ed intelleggibile “Quando è scuro è tutto chiaro / E quando è chiaro è tutto vero / Non c’è bianco senza nero / E non c’è niente dietro a un mistero”.

E’ quindi un Locasciulli maturo quello che ci si presenta in questo nuovo lavoro, un Locasciulli che non ha certezze e verità nelle tasche da distribuire con generosità a chi lo ascolta, ma è semmai un uomo ancora in cerca di risposte, magari felice e disteso come appare nella bella foto di Ignazio Romano in copertina, ma senza certezze sul futuro.

Ed è un Locasciulli che ripete l’esperienza di affidarsi ad artisti-amici del calibro di Greg Cohen che tra l’altro ne è il co-produttore e che è ormai più che una certezza (riascoltate se già non l’avete fatto il nuovo disco di Luca Ghielmetti) e Marc Ribot che sappiamo quanto vale per il suo contributo essenziale ad artisti come Tom Waits o Vinicio Capossela, le idee musicali di Locasciulli sono ottime, ma diventano addirittura eccellenti in più di un caso affidate con fiducia nelle loro mani.

Finisse qui il disco sarebbe già un singolo fantastico, ma invece Mimmo è riuscito a sfornare un lavoro più complesso che vede altre preziose frecce scoccate dalla sua faretra, a partire dalla title-trackIdra” che riprende il titolo di una lirica di Leonard Cohen, da sempre una delle sue fonti ispiratrici, ma che si rifà anche al mostro a sette teste appartenente alla mitologia greca. Il pezzo si apre in maniera sognante quasi sospeso tra i flutti di un immaginifico mare, bello il pianoforte suonato dallo stesso Mimmo, la delicatezza dei piatti di Baron, nonché l’evanescente presenza del clarinetto di Mirabassi, come contenuti siamo ancora a ragionare sulla fine ultima dell’uomo “Dietro la curva dei sogni / C’è la faccia di Dio / E dopo Dio c’è l’occidente / E ancora dopo più niente”.

Infinitamente dolce, è invece “Senza un addio” che è colorata dalla presenza del clarinetto di Mirabassi, pronto a dialogare sapientemente con le chitarre di Ribot, c’è poi tanta nostalgia di una fanciullezza che non potrà più tornare “Domani la luce qui intorno / Non sarà più così / L’acqua che passa non torna” e di una purezza d’animo che orami non c’è più “Faremo in tempo a calpestare / Le aiuole del giardino / Senza una colpa da scontare / con l’incoscienza di un bambino”.

E’ il sax tenore di Bigoni ad aprire e a condurci per mano in “La disciplina dell’amore” delicato brano d’amore, piuttosto classico come sonorità per chi conosce Locasciulli, che tratta comunque con originalità e sensibilità le sorti di un amore sbagliato, fondato sugli equivoci “Io ti ho amata per quello che non sei / E tu mi hai dato le cose che non hai / E non ci sono più parole / Per descrivere che cosa sia un dolore”.

E’ ancora un sax, però quello soprano di Stefano Di Battista, avvolto dalle percussioni di Imparato, ad introdurci con grande fascino ed estrema raffinatezza ad un brano “Passato presente” molto latineggiante, denso di echi sudamericani, che fa venir voglia di ballare e di stringersi forte, è una vera delizia ascoltare le magie di Ribot che con la chitarra elettrica giostra con le fantasie mirabolanti del sax soprano di Di Battista. Sicuramente uno dei pezzi più belli del disco, grazie anche ad ottime liriche “E’ il passaggio del giorno che fa posto alla sera / Un banbino che invecchia con la sua primavera / Una gabbia che s’apre un uccello che vola / Un gioco che dimenticherai”.

Caratteristica di questo disco è poi l’equilibrio d’insieme, nulla eccede o manca nell’incedere della scaletta dei brani, così dopo un pezzo sfrenato e ballabile, capita “Benvenuta”, brano lento, maestoso, introdotto con un inciso tragico e disperato, dal quartetto d’archi dell’Orchestra Sinfonica di Brasciov, poi entra in scena Locasciulli al piano, resta comunque un brano giocato sulle tinte fredde e che immerge l’ascoltatore in un lago di immensa tristezza “Benvenuta nel tempo sporcato dal dolore / che non si può più lavare / Che non si può più asciugare / Benvenuta nel buco di queste verità negate / Degli spiragli chiusi e delle finestre serrate / Benvenuta nel regno dei re senza corona / Benvenuta per me”. Canzone intensa e splendida.

Dopo tanto soffrire eccoci tornare a sonorità latineggianti, per un brano soft “Giorno di noia”, decisamente minore se ascoltato dopo un brano come il precedente, ma comunque valido che ci descrive uno dei tanti giorni di noia che caratterizzano la vita di ognuno, uno di quei giorni in cui “E’ un giorno di noia e di pioggia / Che ti vorrei qui vicino / Nel letto a trafficare”, direi un desiderio condivisibile o no?

L’attesa” non smentisce il titolo, è una canzone lenta e musicalmente quasi sospesa, come appunto nella attesa di un qualcosa che deve accadere, troviamo ancora all’opera il quartetto d’archi e significativi interventi di Greg Cohen al glockenspiel, ci sono inoltre intuizioni poetiche interessanti come questa “Tutto passa in fretta ma scorre lentamente / E dura solo un attimo ma poi rimane qui per sempre”.

I plettri dell’Ensemble Mereuer aprono invece con tatto ed estrema delicatezza “Lucy”, brano di grande dolcezza e sconforto, che ci parla di un amore per una donna di nome Lucy ormai lontana, si intuisce, dopo una tormentata storia di amore e sofferenze “Prega di giorno prega di notte / Prega che il suo cuore non pianga mai le botte / Botte che arrivano come le caramelle / Che i bambini si sognano a Natale”.

Chiude il disco “Il bambino e il destino” un brano molto intimistico e mistico che vede all’opera solo Mimmo Locasciulli ed il figlio Matteo al piano, è decisamente un pezzo intenso e toccante, anche un poco inquietante per certi aspetti, di cui voglio riportare per intero il testo perché molto bello e allo stesso tempo conciso “In fondo vedi una porta dove ti trovi a passare / Ti viene la voglia di entrare forse solo per guardare / E chiusa la porta alle spalle, piano piano una luce / Ti colora di pace e ti senti felice / Lì non c’è gioia non c’è ricchezza o miseria / C’è solo uno specchio e un signore / Che col dito ti invita a guardare / E quando sei dentro ai tuoi occhi vedi solo un bambino / Che guarda i tuoi occhi mentre fabbrica / Il suo destino”.

Davvero un grande disco, con un Locasciulli maturo, riflessivo e pieno d’umanità. Cosa si può pretendere di più?

 

estatica.it  - Giugno 2009

 

 

 

 

IDRA

Mimmo Locasciulli

 

di Roberto Paviglianiti

 

 

Godimento assoluto. È quello che si prova dopo aver ascoltato – e inevitabilmente riascoltato, per via della magnifica prova cantautorale che porta in grembo – questo Idra, ennesimo capitolo della storia musicale di Mimmo Locasciulli. 
Disco che prende il nome dall’omonima poesia di Leonard Cohen, ma che è anche l’isola greca dove, negli anni sessanta, gli artisti cercavano un rifugio spirituale, oppure il mostro a nove teste sconfitto da Ercole. Insomma una multi-ispirazione che si riverbera anche negli undici brani che compongono un’ora di musica superlativa, per classe e sostanza, per intuito e compostezza, per irruenza e riflessione. Non tragga d’inganno l’iniziale Scuro, con le sue movenze funk decise e trascinanti, perché in seguito s’incontrano canzoni femminili e preziose come la title-track, piene di echi latin che scaldano il cuore (Senza un addio e Passato presente), oppure ammalianti e cariche del loro classicismo struggente come Benvenuta.

Il sipario si alza e si abbassa in scioltezza per dar luce a scenari sempre interessanti e profondi. Questo grazie alla superba formazione di musicisti che Locasciulli, come di consueto, mette in campo: fuoriclasse che rispondono al nome di Marc Ribot, straordinario come non mai, capace all’occorrenza di accarezzare o di fare a fette un brano (si veda in tal senso la reprise conclusiva di Scuro); Greg Cohen, più che una sicurezza; Joey Baron, drummer dal tocco sapiente. Come se non bastasse, vanno messi in risalto anche gli interventi degli ospiti chiamati in causa, tra gli altri, il sempre elegante Stefano Di Battista al tenore e un gigantesco Gabriele Mirabassi al clarino.  

“Idra” è un disco appagante, che merita un posto d’onore nella carriera di Locasciulli, e per chi lo ascolta è un’occasione da non perdere per comprendere come la musica d’autore sia ancora in grado di emanare sensazioni forti e autentiche.

 

L’isola che non c’era -  Giugno 2009

 

 

 

 

 

Mimmo Locasciulli: "Idra"

In viaggio sul crinale della notte

 

di Giorgio Maimone

 

Torna Mimmo Locasciulli, sempre in compagnia del fido Greg Cohen e delle chitarre di Marc Ribot. E torna con un lavoro all'altezza delle sue migliori opere. Era almeno dai tempi di "Piano piano", ma forse occorrerebbe andare indietro ancora, che non si sentiva un album convincente fino in fondo come l'attuale. Dovremmo forse tornare a "Uomini" del 1995. Fatto sta che "Idra", dopo Leonard Cohen, ha ispirato particolarmente Mimmo. Cohen ha vissuto sette anni nell'isola greca, prima di scrivere i suoi libri più importanti e prima di iniziare a cantare. Per Mimmo lo spunto è stato invece una poesia di Cohen dedicata all'isola: "Il sentiero di sassi faceva come un anello e mi si avvolse intorno legandomi alla notte..." Così comincia "Idra" - spiega Locasciulli - una bella poesia di Leonard Cohen che mi è capitato di rileggere e tradurre circa un anno fa".

 

Il nome di questa isola ha un suono semplice ma evocativo di significati davvero complessi. Idra è il nome del mostro con nove teste che nella mitologia greca fu sconfitto ed ucciso da Ercole. Nella interpretazione esoterica, poi, le nove teste rappresentano la lussuria, l'opulenza, il denaro, la paura, l'odio, il potere, l'orgoglio, la discriminazione e la crudeltà. In questa lettura Ercole è l'amore, cioè il valore che conduce l'uomo alla sua affermazione ed al suo riscatto. Idra, infine, è l'immenso mare che separa i migranti disperati da una qualunque forma di sbarco nei continenti della speranza.

 

"E' stupefacente come delle piccole coincidenze - scrive ancora Locasciulli sul suo sito - possano a volte concatenarsi fino a determinare un evento. Ma, forse, la casualità è sempre all'origine di qualunque genere di opera. Queste immagini, così insolite nei miei pensieri, hanno acceso il motore della mia curiosità. Ho cominciato a mettere una nota dietro l'altra come spinto dalla necessità di raggiungere una qualche verità attraverso la fantasia o attraverso la cronaca impietosa di questo tempo, attraverso il suono di un nome o attraverso un qualunque piccolo indizio, o anche attraverso altre occasionali complicità creative".

 

Così Mimmo ha iniziato a mettere insieme dieci piccoli prodigi di canzoni (più una bonus track) per un disco che non sarà concettualmente un'opera sola, ma lo è come mood, come ambiente umano, come voglia di raccontare delle storie. Storie che possono anche fare paura, così come può fare paura non ritrovarsi troppo diversi dal mondo che si vuole fuggire. Dalla paura nasce l'opera d'arte.

 

"Talvolta scrivere è un prodigio di autoanalisi - conclude Mimmo - talvolta un fiume carsico che sprofonda e riemerge, talvolta soltanto un innocente viaggio. Avrò tempo per rifletterci. Per ora mi consola l'idea di avere fatto qualcosa di nuovo in un percorso diverso".

 

Si inizia con un bizzarro rock sghembo, che si profila meglio nella ripresa come bonus track, affidato alla verve chitarrristica di Marc Ribot: "Scuro". Il testo introduce a un mondo tenebroso e notturno. L'inizio ideale di un noir letterario o cinematografico. "Con il filtro della notte / Vedi tutto più vicino / Come un libro nelle mani / O una lampada sul comodino / Crocifisso sulla sedia / O sprofondato nel cuscino / E' difficile dormire / Quando invece vuoi capire". Poi si passa subito a "Idra" e si entra nel centro del lavoro. "E gli uomini partono / E non sanno se arrivano / E chissà chi ci arriva / Poi che cosa ci trova / Qui ci trova il profumo / Delle arance per strada / E l'odore del pane / Dentro le trattorie", col clarinetto di Gabriele Mirabissi a seminare incertezze. Grande brano di suggestione e introspezione.

 

La successiva, "Senza un addio", è Locasciulli puro, con una spruzzata di GianMaria Testa: “E quando sul prato ingiallito / Non resterà neanche un fiore / Faremo presto a dirci addio / / Come un qualunque altro addio / E quando il silenzio degli occhi / Cancellerà le parole / Faremo presto a dirci addio / Senza nemmeno un addio”. Il clima resta invariato nella bella "La disciplina dell'amore" che deve una parte della musica al figlio Matteo: "Sono nato da un profumo / Di collina e di grano / E ti ho messa in un racconto / Che non legge più nessuno / Dove non c'è disciplina / Niente rimane". Una lenta e pacata canzone d'amore, retta dal sax di Franco Bigoni, il basso di Greg Cohen e il piano di Mimmo. Più impegnativa "Passato presente", con un cast musicale di tutte stelle: Stefano Di Battista al sax soprano, Marc Ribot alla chitarra elettrica, Joey Baron alla batteria, Giovanni Imparato alle percussioni, Cohen al basso e Locasciulli all'organo, che chiude con una bella coda strumentale di un paio di minuti. Piacere per le orecchie!

 

"Benvenuta" gioca invece la carta del quartetto d'archi, una bella virata d'atmosfera. Un bel testo al servizio di un'idea musicale che si sviluppa meno: “Benvenuta nel fuoco / Di questo camino acceso / Che fa volare le ombre / Come farfalle impazzite / A questi libri che chiudo / Senza più tanto stupore / Proprio nell'ora di punta / Dei miei ripensamenti”. Anche "Giorno di noia", dall'aria pacatamente jazzy, risente degli stessi pregi e difetti, ma resta una piacevolissima pausa centrale all'interno di un bel disco. "L'attesa" è invece un altro colpo d'ala: quartetto d'archi, chitarre, glockenspiel , basso e accordion per una canzone intrisa di pioggia, di quelle adatte a inumidirti l'anima. Un'umidità che Locasciulli ha tra le corde. Non si azzarda forse a dichiararla l'ombelico dell'album: “Guardo l'erba che s'illumina / Con la luce della notte / E sento in fondo sulla strada / Qualche macchina passare / Appoggiato contro un albero / Soffio dentro la mia armonica / Chiudo gli occhi e qualche lacrima / Nascosta viene giù / / Aspetto che si faccia giorno / Per raccogliere i pensieri / Sparpagliati tutt'intorno / Dal principio fino a ieri / Gli appunti della mia vita / Per ripercorrerne i sentieri / Per trovare il filo logico / Che mi lega qui”.

 

Chiudono "Lucy" e "Il bambino e il destino" (quest'ultima con musica di Matteo Locasciulli, che la esegue in solitario al piano). Triste ma intensa la prima: "Lucy se n’è andata via come un'onda senza riva / Come una farfalla bianca senza un fiore / Prendi le sue cose comprale delle rose / Mandale un saluto e guardala andar via / Mandale un saluto per andare via". Leggermente inquietante, ma ricca di messaggi la seconda: "Vedi solo un bambino / Che guarda sereno i tuoi occhi / Mentre fabbrica il suo destino".

 

Il viaggio tra dentro e fuori stessi finisce con la ripresa di "Scuro". E' una notte che è passata, con i suoi sogni? E' la vita che ricomincia? E' un uomo sul crinale? Di sicuro ci sono più domande che risposte, ma c'è una sensibilità allertata ed è bello scoprire le consonanze con quello che ti si smuove dentro. Che sia paura o fantasia. Quattro stelle!

 

Bielle – Maggio 2009