Nel nuovo album "Uomini"

nove brani che invitano a sperare

Locasciulli, l’ottimismo

della dignità

di Fabrizio Zampa

Nel grigio panorama musicale italiano è raro sentire canzoni che ti lascino guardare alla vita con meno disperazione e aprano uno spiraglio su un futuro sul quale c’è poco da scommettere. Ma ogni tanto capita, ed è il caso di "Uomini", il nuovo album di Mimmo Locasciulli che è appena uscito e che festeggia i suoi vent’anni nella musica: nove brani acuti e intelligenti, che parlano di ciò che si agita "in questo tempo selvaggio di fine millennio" e che per la prima volta non esplorano il mondo personale del cantautore ma escono dai confini del privato per raccontare il mondo vero, quello in cui, spesso malvolentieri, viviamo tutti.

"Uomini senza lingua, uomini senza dignità, uomini senza terra buttati di qua e di là, uomini famosi dentro a un francobollo, uomini sconfitti con un cartello al collo", dice il primo pezzo, "Il suono delle campane", scritto insieme a Francesco De Gregori. "Qualcosa farò perché non sia perduto anche un attimo, perché niente sia mai troppo lontano, per sentirmi vivo" conclude l’ultimo "Qualcosa farò", la sanguigna risposta ai dubbi espressi nell’album. In mezzo, sostenuto da un rock pulito e intenso che riecheggia gli anni ’70 ma offre un sound aperto e molto moderno, altri sguardi sinceri e appassionati "su ciò che sconvolge l’attività dell’esistere".

Locasciulli definisce il suo lavoro, inciso fra Italia e Stati Uniti con musicisti come Greg Cohen (il bassista di Tom Waits, che ama Mimmo perché "scrive canzoni col cuore"), il rocker Stefano Delacroix e molti altri, "un disco molto luminoso, un discorso sulla speranza". E’ questo, insieme alla bella musicalità e ai testi straordinariamente efficaci, il suo aspetto più attraente. Come si fa oggi a essere ottimisti? "E’ l’unico modo per non chiudersi in se stessi –spiega Locasciulli- . Io, anche come medico, non credo alla depressione come alla malattia del secolo: essere depressi vuol dire solo avere delle difficoltà che nessuno ti aiuta a risolvere". Il cantautore-medico prova ad aiutarci con canzoni come "Svegliati amore", " La pioggia e l’esilio", "Padre mio", "Una vita elementare". Tutti da ascoltare con grande attenzione. E, se ci riuscite, soprattutto con grande partecipazione.

Il Messaggero - 22/5/1995

 

 

MIMMO LOCASCIULLI

"Uomini"

di Gabriele Longo

L’urgenza che a volte, prorompente viene da dentro e le radici folk della ritrovata riverenza al maestro Bob Dylan sono i due elementi che hanno spinto Mimmo Locasciulli a scrivere questa nuova manciata di canzoni che trovano una loro ragione di essere nel suo dodicesimo album, intitolato con felice intuizione "Uomini".

Prese ormai le distanze dalla sua non più recente sterzata tomwaitsiana che ha saputo affrancarlo dalla non sempre facile eredità da gestire della stagione del cantautorato, oggi si lascia andare alle nuove tentazioni di un ritorno alle tematiche "on the road", ma con il bagaglio e la maturità dei quarant’anni e soprattutto la voglia di divertirsi. La sua musica è fatta di un country-rock asciutto, a tratti malinconico, sostenuto da chitarre acustiche ed elettriche dosate come un buon bicchiere di vino genuino, di ritmiche rilassate e corpose, di fluide frasi all’organo Hammond e della sua voce rilassata che ha voglia di raccontare amori, nostalgie, speranze, inquietudini da terzo millennio. Dell’esperienza passata rimane al suo posto di bassista quel Greg Cohen che tanto ha contribuito alla maturazione artistica di Locasciulli; ma troviamo tra gli altri compagni di viaggio anche Francesco De Gregori a co-firmare l’ottimo pezzo di apertura dell’album, "Il suono delle campane", nonché Stefano Delacroix per la scrittura a quattro mani di "Una vita elementare", canzone dalle venature rock più accentuate. "L’inganno del tempo", "La pioggia e l’esilio" e "Qualcosa farò" sono ballate realizzate in forme e chiaroscuri diversi, ma sempre con l’orecchio rivolto a quel sentire "Interno", a quella chiamata che richiede risposte. Molti i collaboratori alle chitarre: Massimo Fumanti, Salvatore Russo e Paolo Giovenchi all’elettrica solista e ritmica; Lou Cash alla shifty electric guitar; De Gregori e lo stesso Locasciulli all’acustica.

Chitarre – Settembre 1995

 

MIMMO LOCASCIULLI

"Uomini"

(F.F.)

 

Una bella sorpresa, questo nuovo album di Mimmo Locasciulli dal titolo "Uomini", che arriva dopo quattro anni di silenzio discografico. L’impressione che si ha, all’ascolto dell’album, è che ci sia un naturale salto di collegamento tra "Intorno a trentanni" e "Sognadoro", due tra gli album più significativi della sua produzione, pubblicati rispettivamente nel ’82 e ’83. Country-rock, ballate, una simpatica "immersione" nel rock and roll alla Blues Brothers di "Automonoposto", soprattutto testi accattivanti e di grande riflessione, per nove brani, tutti o quasi, di grande impatto. "Uomini" è stato interamente arrangiato, pensato e scritto dal cantautore abruzzese con solo qualche piccola "intromissione": Francesco De Gregori, co-autore de "Il suono delle campane", il pezzo di punta del disco, nel quale duetta anche vocalmente con Locasciulli e suona in "Svegliati amore" e Stefano Delacroix per "Una vita elementare". Tra gli altri brani da segnalare la riflessiva "Il cane", l’accorata preghiere di "Padre mio", l’inquietante "L’inganno del tempo" e la coinvolgente "Qualcosa farò" che chiude il disco. Un notevole contributo all’ottima riuscita di questo album è dovuto anche al valido apporto degli ottimi musicisti che vi hanno suonato, tra i quali l’amico Greg Cohen, Massimo Fumanti, Massimo Buzzi, Salvatore Russo, Lou Cash, Paolo Giovenchi, il sassofonista Eric James Daniel e altri musicisti esteri. "Uomini" potrebbe rivelarsi un album di grande successo, quello della "svolta", e per il bravo Locasciulli, così "incapace" di scrivere canzoni di successo e antidivo per eccellenza, questa eventualità comporterebbe, sicuramente…., un bel guaio!

Raro – n° 56-57 1995