Musica da ascoltare, finalmente

MIMMO LOCASCIULLI

"Sognadoro"

di Michele Serra

Alcuni recenti segnali (il grande successo estivo di Francesco Guccini; il clima festoso e rinfrancante della recente rassegna della canzone d’autore del club Tenco) sembrano indicare un rilancio in grande stile della "musica da ascoltare’, contrapposta all’orgia di suoni accessori (al ballo o ai video) che negli ultimi anni hanno finito per mettere in ginocchio l’industria discografica. Cade a proposito, nell’attuale clima di rilancio cantautorale, l’ottimo 33 giri di Mimmo Locasciulli Sognadoro.

Amico e "allievo" (soprattutto nella raffinata scrittura dei versi) di Francesco De Gregori, qui in veste di produttore assieme a Luciano Torani, Mimmo Locasciulli, che nella vita fa il medico, già conobbe lo scorso anno un piccolo ma intenso successo con l’album "Intorno a trentanni"; questa volta spinge ancora più a fondo l’acceleratore sulla strada di un intimismo delicato e asciutto, sfornando un disco di grandissima classe. Davvero "da ascoltare", con la pazienza e la dedizione di chi vuole scoprire poco a poco il sapore di dieci canzoni che anziché assalire il palato (d’altro canto già mitridatizzato da overdosi sonore) gli suggerisce appena aromi e sensazioni. Tra i brani, a parte l’amabilissima e astuta Sognadoro, condita da un toccante falsetto stile Equipe 84, fanno spicco Canzone di sera, Piove e non piove e La sentinella, quest’ultima (come la splendida Natalina del precedente album) delicata poesia sulla solitudine e lo straniamento della condizione di soldato. Aria di Beirut, ma il "tono" dominante del disco è affidato ad una sorta di pendolarismo esistenziale (e di linguaggio) tra Roma e Penne, rispettivamente città di residenza e amato borgo selvaggio del nostro. Musiche scandite dai ritmi lenti e ariosi di un podista, qua e là ravvivati dal pianoforte ironicamente trottignante di Locasciulli. Canzone d’autore, insomma, e se il profumo che si fiuta in giro non è ingannevole, nessuno potrà togliere a questo disco un suo dignitoso spazio di mercato.

L’Unità – 4 Novembre 1983

 

MIMMO LOCASCIULLI

Sognadoro

di Maria Laura Giulietti

 

Ho sempre avuto l’impressione che una delle doti più difficili da raggiungere e possedere per un artista sia quella di apparire (ma non necessariamente essere) sempre ad un passo dal pubblico e, al tempo stesso, irraggiungibile. La musica, le parole di Mimmo Locasciulli, quel suo modo indolente di essere proletario ed umano, la professione di medico mai abbandonata, tutto in lui ha i contorni del quotidiano, eppure c’è una scintilla nelle sue canzoni che scoppia nel buio e rende tutto un po’ folle, il fantastico "Pixi Dixìe Fixi", seduto sui tetti di casa, pronto a volare sulla mano, la notte che infonde malinconia e al tempo stesso la caccia via, qualche bicchiere di troppo, i caffè aperti, una macchina per la fuga.

Un nuovo album, fin troppo serio e maturo, non un gioco per liceali, non un vezzo per le feste del sabato sera, un album da amare e conoscere poco a poco. Un momento, non crediate che "Sognadoro" sia un disco musone e melanconico, diciamo che non segue affatto l’ideale linea scelta da colleghi cantautori di questi tempi, piuttosto si snoda (come struttura dei brani e andatura tecnica) verso lidi più adulti.

Mimmo canta con una timbrica coinvolgente, ha più maturità addosso anche nei confronti del disco appena passato (che già sembrava avanti), i musicisti che lo accompagnano, da Mario Scotti (basso) e Massimo Buzzi alla batteria, al prode Manusso alla chitarra elettrica ed acustica (un perfetto cercatore di disegni), da Luciano Torani impegolato dietro i polifonici anche se messo a dieta dal Mimmo-dottore, a Francesco De Gregori (coautore del brano che dà il titolo all’album) che gli è accanto con il suo inconfondibile buon gusto, tutti appaiono convinti e convincenti. Citare questo o quel titolo non mi pare giusto, è la classica scappatoia quando nel disco non c’è altro che un paio dì buone idee, quindi non lo farò, piuttosto preferisco consigliare un ascolto accurato. magari ad un buon volume (i suoni

sono buoni), con un po’ di tempo a disposizione, tanto di dischi italiani da ascoltare di questi tempi ce ne sono pochissimi.

- Ciao 2001 – 23 Ottobre 1983 – n°42

 

 

MIMMO LOCASCIULLI

Sognadoro

di Fabrizio Zampa

 

Il disco col quale Mimmo Locasciulli è uscito dal drappello dei "giovani cantautori" si è fatto conoscere dal grosso pubblico, Intorno a trentanni, è uscito all’inizio del 1982. Adesso, dopo più di un anno mezzo, ecco il suo nuovo album. Un’attesa troppo lunga? No, per chi il mestiere di cantautore lo fa non per rispettare scadenze legate a questa o a quella manifestazione musicale, ma

perché ci crede e ci mette dentro tutto quello che ha. E’ il caso di Mimmo Locasciulli, che questo "Sognadoro" lo ha pensato, scritto suonato e cantato con la mancanza di fretta di chi sa che la buona musica viene fuori quando viene fuori, e non su ordinazione. E ha centrato in pieno l’obiettivo: con dieci canzoni tutte belle e tutte sue (tranne una, quella che dà il titolo al long-playng, firmata in coppia con Francesco De Gregori che è anche il produttore dell’album) il cantautore abruzzese ha fatto il suo ingresso definitivo nel ristretto gruppo di quelli che oggi in Italia scrivono e interpretano roba di classe, intelligente, forse non adatta ai palati più rozzi (quelli abituati al bum-bum della dance music e roba del genere) ma indubbiamente di qualità.

E la qualità, in questo album, si respira praticamente sempre: una bella differenza con la miriade di dischi che servono a proporre due o tre pezzi di un certo livello affiancati da sei o sette brani che fanno solo da riempitivo. Insomma Mimmo Locasciulli, affiancato da un gruppo di ottimi musicisti (lui suona piano e tastiere, poi ci sono Marco Manusso alle chitarre, Mario Scotti al basso, Massimo Buzzi alla batteria, Luciano Torani alle tastiere, De Gregori che interviene ogni tanto con vari strumenti e nei cori, i sassofonisti Gianni Oddi e Sal Genovese e il trombettista Oscar Valdambrini), con Sognadoro ha realizzato il disco che rappresenta la svolta decisiva della sua carriera. Delicato, elegante, di gran gusto, misurato e mai volgare nelle sonorità, è un album fatto di atmosfere, di testi con tutte le carte in regola, di melodie giuste, il cui dosaggio (termine da prendere con le dovute cautele: non vuol dire che abbia sapore di prefabbricato) ricorda molto Titanic di De Gregori: e non per niente Mimmo e Francesco sono cresciuti insieme. Fra i brani vanno ricordati Piove e non piove, La vita in tasca, Dolce vita, Dicembre, Bon Voyage, Pixi Dixie Fixi, La sentinella, Canzone di sera, Son tornati i capelloni, Sognadoro: cioè tutti.

Il Messaggero 5 Ottobre 1983

 

 

 

 

"Sognadoro", nuovo LP di Locasciulli

AIUTACI A SOGNARE

di Claudio Buja

" Abbruzzese de Roma", amico di De Gregori, innamorato di Dylan, e di Tom Waits, e di Springsteen, e di Randy Newman, tre LP e un Q-disc alle spalle, poche migliaia di copie vendute in tutto. Eppure Mimmo Locasciulli merita di più; e di più meritava "Intorno a trentanni", pubblicato nell’82. Ora esce "Sognadoro" (RCA PL 31710). E la differenza è che "mentre Intorno a trentanni era un disco carino", è Locasciulli a parlare, Sognadoro è un grosso passo in avanti rispetto al passato, è un bel disco, e perciò - in qualche modo - più rischioso". Non c’è presunzione, solo soddisfazione per il lavoro fatto, e un po’ di timore che la gente non vada a frugare, a trovare le tante piccole sorprese che il disco riserva. "L’album nasce dopo tre mesi di provini a casa mia, poi in studio tutte le mie esigenze sono state rispettate". E De Gregori? "E’ sempre fondamentale. Ha prodotto il disco insieme a Luciano Torani, ha scritto il testo di Sognadoro e suona vari strumenti. Ma ispirazioni e suoni ho cercato di pizzicarli da tante altre cose".

La verità è che Locasciulli e De Gregori marciano all’unisono. Musicalmente: si ritrovano qui gli stomp e i tempi di valzer che Francesco ha spesso utilizzato; poeticamente: l’uso frequente di rime baciate, l’accelerazione di certe frasi e il rallentamento di altre, l’iterazione, la spregiudicatezza arguta nella sintassi (" dolce vita / prima che la lancetta si fermerà"), la sfida a risolvere luoghi comuni con idee e invenzioni ("cosi finisce la paura / e pure questa avventura / di avere un pugno nel cuore e di chiamarlo amore"); foneticamente: persino l’arrotondamento di certe consonanti, l’inasprimento di altre sembrano denunciare una sorta di patto di sangue. E allora in certi passaggi - è lui a cantare? non sarà Francesco? - riconoscere uno dall’altro diventa arduo.

Qualche titolo: Pixi Dixie Fixi è uno scherzo a tempo di foxtrot; in Piove non piove, una delle canzoni più forti e riuscite, si annusa Tom Waits nel testo e nell’arrangiamento degli archi (suggeriti da un Yamaha CS 80); Son tornati i capelloni è un " valzeraccio goffo e sinfonico" strumentale; Sognadoro è "un pezzo che parla di alberghi e donnacce, d’ambientazione puttanesca. E’ l’unico pezzo non firmato interamente da me, ma ci sono tutti gli ingredienti delle mie ricette"; Dicembre, fatta da quattro accordi, un paio di cambi di tono, e un intervento di Oscar Valdambrini al flicorno, dà un ultimo brivido. E’ un disco di qualità. Un disco fatto col cuore. Un disco intelligente. Un disco fra i migliori prodotti italiani di quest’anno.

Musica e Dischi - Ottobre 1983