MIMMO LOCASCIULLI

Non rimanere là

di Michele Straniero

La nuova canzone al Folkstudio. Album n. 1

FK 5001 (33 stereo-mono)

Stampa e distribuzione Fonit-Cetra.

Il Folkstudio di Roma, con il legittimo orgoglio di aver presentato per la prima volta in Italia numerosi artisti di primo piano come Pete Seeger, Ravi Shankar e Bob Dylan, rivendica ora un vitalità mai sopita, e passa il Rubicone dell’edizione discografica richiamando l’attenzione su personaggi che ritiene validi e che forse diventeranno dei "grandi" nei circuiti ufficiali.

Il disco d’esordio è toccato a Mimmo Locasciulli, con nove canzoni che sono come lettere confidenziali inviate a chi ascolta per metterlo in comunicazione cordiale con l’autore. Il discorso è tutto articolato su una serena descrittività con appena qualche accenno a momenti di maggiore impegno; li sorregge una scorrevole tessitura musicale, anche grazie ai numerosi interventi della seconda chitarra di Andrea Carpi.

- La Musica Popolare- n° 3 Luglio 1975

 

FOLKSTUDIO

di Gino Castaldo

Dall’ormai celebre locale romano dove da molti anni passano al complesso le nuove schiere di cantautori, folksinger e jazzisti di ogni tendenza, arriva ora una collana discografica che intende proporre "artisti e spettacoli non inseriti in circuiti commerciali", e se non si può parlare di dimensione alternativa vera e propria, si tratta certamente della ricerca di una cornice più dignitosa e correttamente "diversa" dal consueto circuito dell’industria culturale. Tra i primi quattro dischi usciti, due soprattutto ci sembrano degni di attenzione e non a caso, sciovinisticamente, sono i due italiani: Mimmo Locasciulli e Antonio Infantino col gruppo di Tricarico.

Locasciulli è un cantautore nato sulla scia più che "classica" del filone dylaniano. Impronta di cui tuttora risente negli arpeggi della chitarra, nell’uso dell’armonica a bocca e in alcuni squarci di linguaggio. E’ certo, comunque che la sua musica sia tanto più convincente quanto più percorre la sua strada, indipendentemente dal modello iniziale, col quale, in sostanza, sembra avere poco a che fare sia per l’impostazione della voce che per la costruzione delle immagini sia, infine, per l’atteggiamento complessivo.

Abituati come siamo all’ermetismo casereccio e alla retorica roboante di molti cantautori nostrani, le canzoni di Locasciulli stupiscono per la pulizia e la semplicità dei testi. Una semplicità comunque, che trova un suo giusto equilibrio tra precisi riferimenti e la polivalenza dei significati poetici, nelle varie immagini che le canzoni offrono. Vi si narra di contrasti tra politico e privato, di luoghi abbandonati e di luoghi ritrovati, di sane pazzie e di miti superati. Il tutto con efficacia alterna e discontinua, più che giustificata in una personalità, tutto sommato, in via di definizione. Tanto che a questo punto verrebbe spontanea la frase di prammatica secondo cui quello che è importante è il secondo disco. Il primo, si sa, è un trampolino di lancio. Quello che conta è come si atterra dal tuffo che ne consegue.

Muzak - 1975