ALTRI TEMPI

Locasciulli: (Adesso glielo dico)

di Giacomo Pellicciotti

 

Certo non è un album alla moda. Fa tanto nostalgia, questo disco col titolo tra parentesi –le parentesi, forse, sono un segno di timidezza, di allusiva complicità. Mimmo Locasciulli strizza l’occhio ad altri tempi, tempi della memoria che rimandano a un’infanzia da dopoguerra: circo, luna-park, night club, cabaret, sale da ballo domenicali, brandelli di jazz, il fascino swing delle grandi brassband di una volta, il pianoforte felpato di Claude Tornhill (qui impersonato dallo stesso Locasciulli), una fisarmonica e…i Cetra. Sì, proprio Virgilio, Lucia e Felice (purtroppo Tata non c’è più), gustosamente riciclati in Arte moderna, uno dei brani più godibili di (Adesso glielo dico). Ma nostalgico non sempre vuol dire lagnoso, appiccicoso. Una volta, solo qualche anno fa, Locasciulli sembrava un po’ la controfigura morbida di Francesco De Gregori: analogo modo di cantare, simili i temi delle canzoni, lo stesso atteggiamento schivo e un po’ pigro della "scuola romana", l’esagerato peso dato alle parole a discapito della musica. Ma ora, rompendo qualsiasi schema già collaudato, ogni calcolo commerciale o di target falsamente giovanilista, il cantautore-medico ha deciso di fare un disco "come quelli di una volta". Niente sintetizzatori né computer, quindi. Ma solo suoni naturali, acustici, con orchestre, bande e cantanti veri. E poi, per ogni canzone ci vogliono gli "arredatori" giusti. Locasciulli li ha trovati nel bravissimo Greg Cohen, contrabbassista e braccio destro di Tom Waits, che ha firmato languidi e scattanti arrangiamenti di fiati, e nel partenopeo Roberto Esposito, che ha fatto altrettanto con prelibata e sorprendente maestria. Come aiuto-parolieri, infine ha chiamato l’amico De Gregori (Ballando), Enrico Ruggeri (Una vita che scappa) e una Raffaella Riva piena di humor e fantasia (Fandango e Arte moderna). Il risultato finale è un’opera traboccante di musica dolce e raffinata, sul filo di melodie sempre fascinose e struggenti. Paolo Conte, il Ruggeri di Nuovo Swing, Astor Piazzolla e i film di Solanas: a chi piacciono certi piccoli, vertiginosi tuffi nella nostalghia quasi di tipo sudamericano, questo ultimo Locasciulli sembrerà sublime. Sarà anche "old fashion", ma era da tanto tempo che non si sentiva un album italiano così intensamente musicale, così denso e impudico di tenerezze.

Panorama – 2 Luglio1989

 

 

 

 

La coinvolgente spontaneità del cantautore romano in

"Adesso glielo dico"

Emozioni latine in

compagnia di Locasciulli

di Alessandro Rosa

Mimmo Locasciulli non tradisce. Nel mettere sul piatto del giradischi un suo album si ha la certezza di trascorrere un’abbondante mezz’ora di buonumore, di musica piacevole. E’ un cantautore molto mediterraneo che conosce l’arte di trovare il giusto equilibrio tra testi e musica, mai preponderanti gli uni sull’altra. Nei suoi dischi poi, Locasciulli si sforza di alternare, con calibrate dosi, canzoni d’amore ed ironia. Anche il quarto album, "Adesso glielo dico", è una conferma dello stile di Locasciulli, artigiano di canzoni orecchiabili. Spesso questa caratteristica, invece di essere considerata come segnale e sintomo di gradevolezza, semplicità e buongusto, viene scambiata per elementare banalità, grazie ai soliti e superflui snobismi intellettuali. Orecchiabile, che non è sinonimo di facile, è un termine che caratterizza gran parte della tradizione musicale italiana, da tempo dimenticata.

Con "Adesso glielo dico" Locasciulli ha compiuto ulteriori passi avanti, arricchendo soprattutto gli arrangiamenti. Caratteristica del disco è il grande uso dei fiati, all’interno di un’impostazione molto jazzistica che prevede sempre spazi offerti ai diversi strumenti usati: si è voluto così rendere ancora più allegra un’atmosfera dominata dai ritmi latini.

Grande folla di ospiti nelle dodici canzoni presentate. Enrico Ruggeri, Francesco De Gregori figurano tra i coautori dei testi. Greg Cohen (contrabbassista californiano e stretto collaboratore di Tom Waits), il trombettista Roberto Esposito, il maestro Renato Serio affiancano il cantautore nelle elaborazioni musicali.

Tra le canzoni migliori di "Adesso glielo dico" si segnalano le romantiche "Stupida luna" e "Il silenzio del mare", la disincantata "Oh vita I love you", il delicato valzer "Vienna 1936", la meditata "I giorni delle rose", il ritmo incendiario di "Fandango". Poi, come piccole gemme, ci sono offerte "Arte moderna", con i Cetra ad inventare raffinate sfumature per la garbata ironia di un testo firmato da Raffaella Riva, e "Blu", allegra e festaiola con una banda di 40 elementi ad infondere un’atmosfera emotiva e spontanea. Che sono poi le doti principali di questo disco.

La Stampa – 24 Maggio 1989

 

 

E Locasciulli vince con "(Adesso glielo dico)"

Nuove canzoni e nuovi suoni

perfino con le voci dei Cetra

di Massimo Bernardini

 

Che succede, il Made in Italy di vaglia si è svegliato tutto d’un tratto? Lo confessiamo, siamo partiti con l’idea di associare per coincidenze temporali l’uscita di (Adesso glielo dico), nuovo Lp di Mimmo Locasciulli, con la contemporanea uscita del collega Ruggeri, forse per le passate, e riuscite, collaborazioni artistiche fra i due (ricordate Confusi in un playback ?). E invece no, eccoci a parlare di un altro disco riuscitissimo, caldo, affascinante, che rende piena giustizia a un musicista che ultimamente non ci era sembrato all’altezza delle sue possibilità. Con (Adesso glielo dico) Locasciulli riprende la strada smarrita, anzi, meglio, ne trova una nuova, più giusta e convincente. Le scelte centrate, stavolta, sono una vera congiura. Gli arrangiamenti del contrabbassista Greg Cohen, collaboratore prezioso di Tom Waits; una buona parte dei testi appaltate in diverse direzioni a Raffaella Riva del fu Gruppo Italiano, all’amico fedele Enrico Ruggeri e allo stesso De Gregori, stavolta senza vergogna. Il resto, in sintonia col produttore Riccardo Rinetti e con tanti altri ottimi musicisti –gli archi di Renato Serio per esempio- è farina nuova, credibile, scopertamente sincera ma messa in piazza al modo giusto, del musicista Locasciulli. Un filo rosso? Se volete la malinconia, e una malinconia nascosta, vera. Ma credeteci, Mimmo è un uomo allegro, vive bene "tirando il collo alle necessità", come canta in Oh vita I love you, "tutte interiori" tiene a precisare, forse grazie anche al suo secondo mestiere di medico d’ospedale, a "quella santa" di sua moglie e ai due figli.

Stavolta, dice, ha affidato un po’ del compito di immaginare ad altri "perché avevo voglia di spaziare di più nella musica", e così queste canzoni di musica, di buona musica, straripano. E anche di ironia, come nel mambo-cha cha cha Una vita che scappa o nella finissima Arte moderna in cui Mimmo ha avuto la grande idea di chiamare a collaborare i tre Cetra. Ma c’è anche, in questo disco, quello che forse è il capolavoro di Locasciulli: I giorni delle rose, archi e pianoforte fino alla commozione, o ancora i Caraibi pimpanti di fiati in Fandango, l’atmosfera notturna eppure popolare di Vienna 1936, l’amarezza sincera ma non disperata di Ballando (con De Gregori), l’allegria un po’ cialtrona con autentica banda di paese di Blu, "l’incrocio fra il Leopardi del Pastore errante e le monadi di Leibniz", rivela il colto Locasciulli, in Stupida Luna. E ancora la bellezza senza aggettivi de Il silenzio del mare, l’intimità senza noia de I musicisti son così, fino alla jam sassion finale di Prima di chiudere.

-Avvenire- 20 Maggio 1989